Il Granduca Pietro Leopoldo emanò, nel periodo compreso fra il 1774 e il 1778, regolamenti generali, uno per ciascuna delle "parti" in cui si divideva ab antiquo il granducato di Toscana, con norme che variavano a seconda delle rispettive situazioni particolari.
Con il provvedimento del 17 giugno 1776 venne costituito, in applicazione del "Regolamento generale per le comunità del territorio pisano" (3) dello stesso giorno. il nuovo assetto territoriale della Comunità della Gherardesca: oltre ai "territori di Bolgari, o sia Bolgheri, di Castagneto e di Donoratico concessi in feudo a termini del Moturproprio dei 17 aprile 1775" furono incorporati "i popoli, o sieno Parrocchie cioè San Lorenzo Martire a Castagneto, Sant'Iacopo e Cristofano a Bolgheri, San Bernardo a Castiglioncello" (4).
La nuova comunità doveva essere governata da un Magistrato composto da un Gonfaloniere e da due Priori, e da un Consiglio generale costituito dai 3 Magistrati e da 6 consiglieri. Veniva così ad essere modificato il numero dei componenti il Consiglio che fino ad allora era composto di 11 mèmbri: veniva anche abolito l'ufficio di grasciere, di viaio, dei due sindaci al Camarlingo e dei due sindaci al Giusdicente.
I componenti la Magistratura e il Consiglio venivano eletti con il procedimento dell'imborsazione.
Nella borsa del Magistrato erano inclusi i nomi di tutti i possidenti locali che erano iscritti nell'estimo della comunità per almeno "soldi otto di massa minore, o siano scudi centonovantadue di massa maggiore". Per la scelta dei consiglieri era prevista una borsa con i nominativi di tutti i capi famiglia che non raggiungevano la massa d'estimo richiesta per essere "imborsati" per il magistrato.
Le borse dovevano essere conservate "serrate a due chiavi" in un luogo stabilito dal Magistrato comunitativo: di queste una doveva essere tenuta dal Cancelliere, l'altra dal Gonfaloniere.
Nel regolamento veniva consentito a causa delle particolari circostanze locali, "la troppo scarsa popolazione ed i pochi possessori di beni stabili", di non rispettare "il divieto dal risiedere tanto nei Magistrati, quanto nei Consigli Generali per chi vi avesse risieduto"; venivano, inoltre, esentati anche dall'obbligo di usare "l'abito Magistrale" e nel caso in cui il Consiglio avesse deciso di adottarlo, l'abito doveva essere "in forma di Lucco con la distinzione che quello del Gonfaloniere debba essere di color rosso, e quello degli altri residenti di color nero".
Nell'ambito del riassetto territoriale a amministrativo venne introdotta, accanto alle preesistenti imposizioni, una tassa gravante sui beni immobili, detta "dazio dei possidenti". Inoltre, poiché nell'estimo "vegliante" di Castagneto non erano descritti tutti i beni "stabili e i terreni", veniva ordinato al Magistrato del Gonfaloniere e Priori della nuova comunità di aggiornare l'estimo e al Cancelliere comunitativo residente a Campiglia, di controllarne l'adempimento e di renderne conto al Proveditorato dell'uffìzio dei Fossi di Pisa.
Le nuove comunità istituite nel contado pisano e comprese nella Cancelleria di Campiglia erano tenute a pagare la "tassa di redenzione"; per la Comunità della Gherardesca la somma fu fissata in "scudi centoquindici".
Questa tassa sostituì ogni altra imposta che "con titolo di testatico, o altro simile, o equivalente fosse stato fino ad allora imposta e riscossa tanto sulle teste di possidenti beni stabili per piccole quantità in luogo di Estimo, quanto sulle teste dei non possidenti" e veniva "assolta per mezzo di reparto uniforme e proporzionalmente uguale sulla rispettiva massa di estimo dei possidenti beni stabili". Il nome dei contribuenti, e dei debitori in genere, era annotato, assieme alle indicazioni necessario per il compito delle quote dovute, sui "dazzaioli", "libretto legato in buona forma", utilizzati per la riscossione dal Camarlingo. Il Camarlingo, che era il responsabile della gestione economica, doveva versare l'imposta alla cassa dell'ufficio dei Fossi di Pisa.
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