MOSTRA 2002
Castellina di Maremma
Popolo e Territorio
a cura della Cooperativa microstoria
in collaborazione con Paolo Pagnini
CASTELLINA MARITTIMA 23 – 24 – 25 AGOSTO
Un archivio comunale è custode delle memorie locali, conserva le testimonianze culturali, sociali, politiche ed economiche di un territorio circoscritto ed offre inoltre potenzialità culturali e didattiche stimolanti.
La mostra qui presentata vuole raccontare, attraverso i documenti conservati, la storia della comunità di Castellina Marittima a partire dalla seconda metà del 500 al fine di ricostruire le tappe che dal punto di vista storico, sociale ed istituzionale, hanno segnato l'evoluzione della comunità e del suo territorio.
Angela Porciani
torna su
Gli Statuti della comunità della Castellina di Maremma di Pisa
Gli antichi statuti comunitativi rappresentano una fonte indispensabile per studiare una comunità che, investita di potestà statutaria, stabiliva localmente un corpus di norme volte a regolare la sua attività amministrativa ed economica. Per la loro redazione veniva eletta, dalle autorità comunitative, un'apposita commissione di statutarii , a rappresentanza di tutto il territorio. Prima di essere reso pubblico, lo statuto doveva essere inviato agli Uffici Centrali per verificare che le norme in esso contenute non fossero in contraddizione con quelle contenute negli statuti della città dominante, nel nostro caso Firenze.
Una volta controllato, l'atto veniva rogato, cioè trascritto in forma corretta e reso pubblico da un notaio che provvedeva ad inviarne una copia anche a Firenze. Purtroppo, come in molti altri casi, nell'Archivio del Comune di Castellina non è rimasta alcuna traccia degli antichi statuti e quelli di seguito trascritti sono la copia conservata all'Archivio di Stato di Firenze, nella serie Statuti delle comunità autonome e soggette, 180.
In questa sede presentiamo le rubriche che costituiscono il nucleo centrale degli statuti della Castellina di Maremma di Pisa del XVI secolo.
Dell' Ufficio dei consoli, 4 governatori e 6 aggiunti et loro auctoritas
Considerato esser un anno a dover bene regger e governar dicto comune della Castellina, haver si fu capo a dicto governo et prefato ordino detti statutarii che in dicto comune della Castellina sieno 2 consoli et 4 governatori […]. Prima sieno tenuti e obligati la mattina o al manso per tucto il dì che comincerà il loro ufficio ragunarsi detti 2 consoli e ditti 4 governatori nella casa e luogho dove soliti sono ragunarsi in dicto comune et qui infra loro giurado corporalmente tochando le scripture dabone diligentemente far e fatti di dicto comune puramente senza alcuna fraude rimossa di loro ogni humana gratia sotto pena di lire 2 per ciascuno di loro da doversi condonar subito per il podestà di Peccioli che non manchassi et chi nausassi pigliar tale ricevesse tale giuramento. Di fatto s'intenda essere condannato in lire 5. E devono eleggere e deputare 6 altri 6 uomini di dicto comune in aggiunta e per Consiglio Generale di dicto comune, e non del loro parentado. E i 2 consoli, i 4 governatori e i 6 durino 6 mesi per volta e non più e debbano detti 2 consoli e 4 governatori finita la inborsazione di nuovo rimborsare per ani 2. E devono i 4 governatori e 6 aggiunti ad ogni richiesta di detti 2 Consoli o di ciascheduno di loro radunarsi per i bisogni di dicto comune sotto pena di […] 20 per ciascun recusante che non si radunasse e per ogni volta di fatto deve essere condannato dal potestà di Peccioli. Due capi almeno dei suddetti consoli, governatori e aggiunti abbiano pienissima potestà e libera balia di potersi allocare e dislocare e affittare e dare ad affitto al più per anni 3 per volta, e abbiano pienissimo mandato in tutti i bisogni del comune.
Bandita per le bestie dome
Veduto nei prefati statutarii esser di bisogno di fare una bandita in dicto comune per la confinazione delle bestie dome e da giogo, statuirono e ordinarono una bandita in dicto comune a condizione che per l'avvenire sia nel luogo dicto alla pietra e in questi termini e confini: cominciando dal botro della vetere va la via del guato buio andando nel botro della […] e seguitando per la via che va a Riparbella et dicta via venendo fino alla fonte diritto come seguita il botro fino alla via del terriccio seguitando dicta via fino al botro delle vetere e vi siano pasture e erbe per le bestie dome e da giogo. In dicta bandita non si possa mai in alcun tempo mettere o tenere bestie grosse né minute né bestie cavalline sotto pena di soldi10 per ciascuna bestia grossa e per qualsiasi volta e per ciascuna bestia minuta e per qualsiasi volta. In questa bandita esse possono pasturare tra la via che va a Riparbella e la via del Terriccio sulle terre al poggio di Vigna maggiore e non altrove. Le bestie dome e da giogo non possono entrare nella bandita il giorno 25 di dicembre di ciascun anno e obbligati a farlo nelle calende di maggio sotto pena di soldi 10 di giorno e soldi 20 di notte. E per ogni bestia grossa doma et da giogo siano obbligati a pagare l'uso e il tempo della pastura di dicto comune. Solamente quelli che avessero poni possono in debiti tempi stare in dicta bandita senza pena. Gli altri non possono, sotto pena di soldi5 per ciascuna persona e volta sarà trovato. Dicta pena spetta la metà al comune, la quarta parte al rettore di Peccioli e la quarta parte all'amministratore.
Del modo della fornace
3 A dvertenti detti statutarii sono assai forestieri che vengono al comune per la comodità del legname per far forni da mattoni e calcina, si deve porre una regola: gli statutarii provvedono, ordinano et statuiscono che per lo advenire chi vorrà far fornaci da calcina o mattoni in dicta corte e giurisdizione di Castellina et vorrà il legname di dicto comune non possa tagliare né pigliare alcuna generazione di legname senza espressa licenza di detti 2 consoli e governatori del comune sotto pena di lire 5 picciola per qualunche arboro o legno verde o secco taglierà et così per qualunche soma di legna porteranno senza accordo con detti consoli e governatori, siano obbligati a dare e vendere i lavori agli uomini e persone di dicto comune e dare loro lire2 il migliaio delle tegole e il migliaio del lavoro quadro per lire 6, e la soma della calcina per soldi 5. Se quelli della terra volessero far calcina e lavoro per uso loro non sono costretti a venderne, ma volendo venderne siano obbligati dare a quelli della terra e ai forestieri […] sotto pena di lire 25 da applicarsi la metà al comune, una quarta parte al rettore che lo riscuoterà, l'altra quarta parte all'accusatore
Bandita di Serrimezze
4 E xaminato i prefati statutarii che per consuetudine […] in dicto comune la bandita di Serrimezze et volendola conservare, statuirono che per l'avvenire dicta bandita in tutto e per tutto si osservi con quei soliti e consueti termini e confini e nel modo e ordine costituito fino ad oggi, che in medesima bandita non possa entrare alcuna generazione di bestie grosse, ne' capre ne' porci sotto pena di soldi 10 per ciascuna bestia grossa e per ciascuna volta, e per ciascuna bestia caprina o porcina soldi 1 per bestia e di notte si raddoppi la pena da pagarsi come di sopra. Che dicta bandita non si possa aprire con le consuete bestie il 25 dicembre di ciascun anno e sia tenuta a farlo nelle calende di maggio di ciascun anno sotto la dicta pena.
Del modo di tenere bestie porcine forestiere
A tteso et considerato prefati statutarii che ci sono in dicto comune più uomini e persone cui è lecito tenere più numero di bestie porcine, provvedono a porre regole, ordinando che per l'avvenire nessuna persona di qualunque stato, grado o condizione possa condurre o tenere o pasturare bestie porcine di forestieri, salvo che per ciascuna casa o famiglia si possa andare in dicta corte e si possano tenere troie 20 con porcellini e non più sotto pena di soldi 10 da applicare la metà al comune, la quarta parte all'accusatore et ordina che ogni persona possa essere accusatore sotto giuramento, et che questo sia tenuto secreto.
torna su
Le chiese di Castellina
Le antiche pievi erano chiese nelle quali era presente la fonte battesimale ed avevano sotto di sé altre chiese rurali coprendo in questo modo un ampio territorio che prendeva il nome di piviere. Castellina apparteneva al piviere di Santo Stefano di Pomaia, della diocesi di Pisa e la pieve distava dall'abitato di Pomaia circa mezzo miglio. Fin dalla seconda metà del ‘400 questa pieve risultava molto rovinata, a tal punto da far somministrare il battesimo nella Chiesa di San Giovanni della Castellina.
Questa chiesa, da una Visita pastorale del 1485, la sappiamo ubicata fuori dal castello, edificata in pietra delle dimensioni di 25 passi per 20, restaurata ed affrescata con figure di santi; tuttavia veniva usata come chiesa cimiteriale e rimase attiva in tal senso fino alla costruzione del cimitero della Compagnia della Misericordia nel 1575.
Alla fine del ‘700, agli occhi di un attento osservatore come Giovanni Mariti risultava oramai diroccata ed in completo disfacimento.
Sempre fuori dal castello ma nella piazza antistante il borgo fu costruita la chiesa di San Salvatore che, benché risultasse centrale per gli abitanti, presto fu abbandonata perché si prestava ad inconvenienti piuttosto gravi; nella Visita Pastorale dell'Arcivescovo di Pisa Monsignore Carlo Antonio Dal Pozzo scriveva:
… fu abbandonata perché la piazza, oltre ad essere luogo di raduno dei paesani, serviva per giocare a palla, la quale palla spesso veniva gettata sul tetto della chiesa recando gravi danni alla copertura di questa; inoltre proprio sulla piazza era stato infisso un palo ove legare le bestie per essere contrassegnate con il marchio, un ferro rovente che le faceva ruggire per il dolore e spesso per evitare la marchiatura fuggivano in chiesa recando confusione e spavento ai fedeli riuniti in preghiera.
Questi furono i presupposti che portarono alla costruzione dell'attuale chiesa parrocchiale dedicata a San Giovanni Decollato, ultimata nei primi del ‘700; da un quadernino di appunti redatto dall'Ingegnere del Circondario di Rosignano nel 1834 che visitava le chiese nel territorio di sua competenza, si legge:
La popolazione della Castellina è di 1235 abitanti in quest'anno 1834, la chiesa è di libera collazione.
Il Campo santo è a carico il mantenimento del parroco come pure tutto. L'altare di San Donnino Martire appartiene alla Plebanda Arcidiaconale di Pisa.
L'altezza del campanile è braccia 20.6 coperta di tegole e gronda d'embrici. Reggono il tetto due archi e due travi armate, le due cappelle che formano la croce latina vengono divise da due archi. L'altare di San Donnino vien formato con due colonne d'ordine jonico per la terza parte internate nel muro con piedistallo cornicione e frontespizio sull'ovale.
L'altare di Sant'Antonio da Padova consiste in un altare ed un quadro rappresentante sant'Antonio posto in un ordine jonico dipinto nel muro.
Gli altari nella croce latina
Quello a destra denominato San Giuseppe vien formato da due colonne spirali ordine corintio con diversi putti e lo spirito santo in mezzo il tutto di stucco, frontespizio a tronco di ovalo. Altare a sinistra: la madonna del SS. Rosario con due colonne luce d'ordine corintio, piedistallo e base capitello cornicione e frontespizio a cartoccio.
Il quadro è della Madonna del Rosario con San Domenico, Santa Caterina da Siena, san Bastiano e San Giovanni Battista. Nell'altare di San Donnino vi è un quadro rappresentante la Madonna San Donnino Martire con una spada e San Quirico.
Tutto l'altare è della pietra di Gonfolina. L'organo fu costruito e messo a posto nel 1831.
Mancandosi un locale per riporvi gli arredi sacri, cancellieri ed utensili di chiesa sarebbe necessario di costruire sopra la sagrestia una camera di cui abbia accesso mediante una botola e questa alzandola braccia 2 dando l'inclinazione al tetto come è presente.
Il pavimento è nuovo.Il tetto è in buono stato.
Nelle parti laterali dell'altare maggiore vi sono due pilastri che reggano due angeli d'alabastro. Il liborio è nuovo rappresentante una cupola con suo capolino.
Pulpito non vi è.Coro con tribuna di legno inverniciato e seggio nel mezzo.Sagrestia alta nel mezzo razzia 5.16.
Nella scala dell'organo vi è un balaustro di ferro.Porta d'ingresso con paletti di ferro, un braccialetto.
Due porte laterali che una con un paletto di ferro e chiave e crocetto e l'altra con paletto e chiavistello.
…per preservare i muri dalle intemperie dell'aria essendo un paese montuoso dove le nevi ed i diacci vi esercitano il loro rigore converrebbe intonacarli come pure il campanile.
Come era consuetudine, annesso alla chiesa c'era il campo santo a forma di rettangolo con annessa la stanza mortuaria.
Alla chiesa era adiacente la casa canonica composta da un piano terra di due stanze ad uso di cogliere, legnaia e pollaio, un piano superiore con due camere, cucina, una stanza con il forno ed un'altra di riserva. Il sottotetto serviva per riporre le grascie.
Completava la proprietà la casa colonica, un mulino ad un sol palmento che riceveva l'acqua dal botro della Buja e dal botro dei Pulcinelli, ed un frantoio con macina, situato davanti alla chiesa nel rispettivo orto.
torna su
Le istituzioni giudiziarie.
A seguito della conquista fiorentina del XV secolo il contado pisano fu organizzato in vicariati e podesterie dove, attraverso ufficiali aventi funzione di rappresentanza e controllo, affermare il potere centrale di Firenze. Il 25 gennaio 1406 Castellina fu conquistata da Firenze e compresa nel territorio della podesteria di Rosignano nel vicariato delle Colline Superiori ed Inferiori con sede a Lari. A seguito di un processo di riduzione e ridistribuzione del numero delle podesterie dei due vicariati pisani, la podesteria di Rosignano fu abolita nel 1433 per essere incorporata in quella di Lari, malgrado ciò vi rimase attivo un ufficialato sotto il quale, si presume, Castellina sia rimasta, almeno fino all'epoca medicea, per la giurisdizione civile.
All'epoca di Cosimo I, Castellina risultava essere compresa nella podesteria di Peccioli sempre del Vicariato di Lari. Tale situazione rimase invariata fino al 1629, anno in cui, distaccata dal Vicariato di Lari e dalla Podesteria di Peccioli, fu concessa in feudo dal Granduca Ferdinando II, al Lorenzo dei Medici, con il titolo di Marchese con facoltà di trasmetterlo ai discendenti maschili. A seguito di ciò le competenze civili e criminali, fino ad allora esercitate dalla podesteria di Peccioli e dal vicariato di Lari, passarono di competenza di un vicario nominato dal feudatario chiamato commissario. Questo fino al primo dicembre 1793 quando tornò ad essere amministrata dal Vicariato di Lari e dalla podesteria di Chianni appena istituita.
Con l'avvento di Napoleone queste istituzioni furono abolite nel 1808 e l'intero assetto modificato; la Toscana fu così divisa in tre dipartimenti, rispettivamente quello dell'Arno, dell'Ombrone e del Mediterraneo. Per quanto riguarda l'amministrazione della giustizia, ogni dipartimento si articolava in cantoni e questi a loro volta in giudicature i pace; Castellina, insieme alle comuni di Orciano e Rosignano, venne servita dalla giudicatura di pace di Rosignano, del circondario di Pisa, dipartimento del Mediterraneo.
Con la Restaurazione furono ripristinate le precedenti istituzioni che rimasero inalterate fino al 1833, anno in cui Rosignano divenne sede di un vicariato di III° con competenza solo criminale sulla podesteria di Guardistallo ed invece sia civile che criminale sulle comunità di Castellina, Riparbella e Orciano. Da ora in avanti, la comunità di Castellina rimarrà legata, dal punto di vista giudiziario a Rosignano fino agli inizi del XX° secolo.
torna su
Le istituzioni amministrative
La comunità di Castellina della Maremma di Pisa veniva governata a livello locale da 2 consoli e 4 governatori eletti mediante la pratica dell'imborsazione : per ogni carica si predisponeva una borsa nella quale inserire le polizze dei nomi di tutti coloro che aspiravano a tale ufficio. Al termine di ogni mandato si procedeva alla nuova estrazione fino all'esaurimento di tutte le cedole. Con lo stesso metodo si provvedeva eleggere anche altri 6 uomini che, insieme ai governatori ed ai consoli, formavano il Consiglio Generale che si doveva adunare ogni qual volta i due consoli ne facevano richiesta; ogni rappresentante politico rimaneva in carica sei mesi.
A seguito delle riforme leopoldine, nel 1776 Castellina divenne comunità compresa nella cancelleria di Lari; la stessa legge prevedeva che avesse un Magistrato composto da un gonfaloniere e due priori, ed un Consiglio Generale di sei membri. Questo garantiva molta autonomia alla comunità di Castellina che ogni anno doveva al suo interno eleggere il gonfaloniere, i priori ed i consiglieri. Anche in questo periodo l'elezioni si esplicavano mediante la pratica dell'imborsazione con aspiranti scelti in base al censo.
Tale situazione rimase invariata fino alla dominazione napoleonica che introdusse il sistema amministrativo francese; Castellina divenne sede di mairie del Dipartimento del Mediterraneo. Il maire , - cioè il sindaco – veniva nominato direttamente dal prefetto ed era il diretto responsabile di tutta l'attività amministrativa comunale: si occupava di gestire i beni, le entrate comunali, i lavori pubblici, ed era il garante di tutto l'ordine pubblico.
Con la restaurazione furono soppresse le istituzioni napoleoniche e ripristinate quelle granducali, Castellina tornò ad essere servita da Rosignano, che divenne prima sede di Aiuto Cancelleria poi, dal 1826, Cancelleria di III° classe per servire, oltre alla comunità di Castellina, anche Orciano, Riparbella, Bibbona, Casale, Guardistallo e Montescudaio. Proprio per questo motivo nell'Archivio Storico del Comune di Rosignano è possibile trovare molti documenti riguardanti Castellina, come ad esempio una filza contenente le minute delle deliberazioni magistrali dal 1826 al 1830, successivamente copiate nel registro ufficiale consegnato a Castellina, ma purtroppo andato distrutto. Così riusciamo a sapere che nel 1827 il Magistrato comunitativo era composto dal gonfaloniere, Amadio Mazzoni, e due priori, Bianconi Gio Batta e Ferrari Carlo, mentre per il Consiglio generale furono estratti Fierabracci Luigi di Andrea, Tommaso Bartolini, Lazzeri Franco di Giuseppe, Carrai Romualdo del fu Giuseppe, Paletti Giuseppe di Stefano e Casotti Luè Antonio di Simone.
Allegate alle minute delle deliberazioni troviamo le istanze degli abitanti del paese, tra queste, interessanti sono le richieste di edificazione come ad esempio quella di Vincenzo Lapini, con la quale chiedeva il permesso di costruire un mulino a grano ad un palmento sul fosso del Paracqua, oppure quella di Ranieri Giaconi che, il 4 aprile 1827, chiedeva il permesso di costruire una casa in località Poggivecchi su una superficie di 16 braccia per 18.
A questa richiesta il magistrato si espresse nel seguente modo:
esaminato attentamente il suolo che il Comparente dimanda trovo poterlisi accordare tale superficie. A chiarimento di questa mia relazione ho annessa la pianta dimostrativa indicandone l'occupazione con un rettangolo rinchiuso da linee punteggiate. Questa fabbrica A che si deve costruire sarà posta parallela alle altre inferiori B in modo però che la distanza fra il Camposanto e la nuova fabbrica sia di braccia 10 per potere a sua tempo farvi nascere una comoda strada che porti alla piazza del predetto camposanto così otterremo l'intento di veder formare un mediocre piazzale a cui vi si dà accesso con una strada abbastanza spaziosa…… rapporto la spesa del pubblico suolo che il medesimo desidera comprare dalla Comunità, essendo braccia quadre 288 crederei poterlisi valutare £ 144.
torna su
Il nuovo Campo santo
Nel 1840 l'Ingegnere del Circondario Papini presentava il progetto per la costruzione di un nuovo campo santo nella comunità della Castellina Marittima, per essere quello ubicato all'interno del paese, non più idoneo.
Dopo un'attenta analisi del territorio l'ingegnere proponeva l'utilizzo della presella di terreno denominata Pietraja o Serra antica di pertinenza degli eredi di Domenico Bianconi.
Il progetto prevedeva un cimitero di forma rettangolare di circa 60 braccia per 40, area calcolata per accogliere 480 cadaveri. Tale calcolo era stato fatto in considerazione della mortalità annua di 3.7 individui con la preoccupazione di evitare l'inconveniente già accaduto nel vecchio cimitero di seppellire in terreni dove già erano stati inumati altri cadaveri, per questo si poneva come termine di esumazione, almeno 13 anni.
Annesso al campo santo venivano ipotizzate la Stanza Mortuaria e due stanze ad uso del Becchino.
Il costo complessivo stimato per la realizzazione del progetto ammontava a £ 7079.92 ; l'affidamento della realizzazione del progetto sarebbe stato affidato mediante il pubblico incanto e l'esecuzione dei lavori doveva essere a cottimo per accelerare quanto possibile la realizzazione dell'opera.
torna su
L'Ingegnere del Circondario
Con Motu Proprio del 1° novembre 1825 la Toscana fu suddivisa in 37 circondari di Acque e Strade, a Firenze si costituì la Direzione del Corpo degli ingegneri che aveva il compito di supervisionare l'operato del ingegnere inviato in ogni circondario. La comunità di Castellina Marittima apparteneva al circondario di Rosignano del Compartimento di Pisa insieme a Lari, Riparbella, Chianni, Fauglia, Collesalvetti, Lorenzana, Santa Luce e Orciano.
Insieme a questo corpo venne istituita anche la Sovrintendenza del Catasto che si occupava della conservazione delle mappe e dei documenti catastali originali essendo appena completate le operazioni di compilazione del nuovo catasto. Gli ingegneri effettuavano, con cadenza regolare, dei sopralluoghi alle strade, agli argini dei fiumi ed a tutti gli edifici comunitativi per valutarne lo stato di conservazione e la necessità di un intervento. Le relazioni tecniche e le perizie delle spese occorrenti venivano poi trasmesse alle comunità per deliberarne o meno l'esecuzione.
Il Corpo degli Ingegneri fu soppresso nel 1850 quando le loro competenze furono assorbite dagli ingegneri comunali e provinciali.
torna su
La strada Rosignanina
Il 24 settembre 1827 l'Ingegnere del Circondario, Antonio Torracchi, presentò alla Cancelleria di Rosignano un progetto relativo alla sistemazione della strada Rosignanina che dalla comunità della Castellina portava – e porta ancora oggi – alla via Emilia, in prossimità del torrente Marmolaio.
Sfogliando i documenti di un Archivio Storico ci si rende subito conto di come il problema relativo al mantenimento delle strade sia sempre stato oggetto di discussioni e preoccupazioni per gli elevati costi che una comunità doveva reperire. Per il mantenimento delle strade si ricorreva alla pratica dell'accollo, cioè l'affidamento dei lavori agli individui, spesso anche di altri paesi, che ne facevano richiesta.
A seguito anche dell'istanze presentate dagli abitanti del paese, l'ingegnere Torracchi nella sua relazione rilevava che la strada Rosignanina non era mai stata accollata né vi erano stati fatti degli ordinari rifacimenti, per questo versava in cattivo stato in quanto era molto frequentata sia per il commercio e, si prevedeva, lo sarebbe stato in futuro per le cave di alabastro.
Per il suo restauro, la strada fu divisa in tre tratti: il primo andava dalla piazza del paese alla traversa Livornese, il secondo dalla traversa al podere di proprietà di Tommaso Bertolini ed infine il terzo tratto dal detto podere alla via Emilia, dove il torrente Marmolaio attraversava la via. Oltre al restauro del fondo stradale, furono previste opere più impegnative come ad esempio la modifica del tracciato stradale al fine dell'abbassamento della pendenza che in alcuni punti superava il 14%. Così, come si vede dalla tavola 1, segnato con il colore rosso, il tracciato stradale avrebbe subito una deviazione, per la quale fu stimata una spesa di £ 1717. Un ulteriore intervento necessario era la costruzione del ponte al botro Luridone, attraverso il quale si risolveva anche il problema della pendenza in quel tratto, infatti con il nuovo manufatto l'asse stradale si sarebbe alzato naturalmente. Questi furono i lavori principali lavori stimati dall'Ingegnere, per i quali si prevedevano necessari sei mesi di lavoro, inoltre l'accollatario dei lavori sarebbe stato investito anche del mantenimento annuo della detta strada.
torna su
L'edificio scolastico
Nella seduta consiliare del 2 gennaio 1888 alla presenza dei signori Bartolini Augusto, Bonanni Bonanno, Orlandini Giovacchino, Rossi Fabio, Ciampi Ulisse, Bonanni Arturo e Mari Temistocle, fu discusso quanto segue:
come il comune possa disporre nella costruzione del nuovo fabbricato scolastico di una superficie maggiore di terreno di quello su cui furono fatti i calcoli planimetrici all'epoca dello studio del progetto, giacchè nell'accennata verifica si è constatato avere il Dottore Carlo Angelucci, nel cingere con muro il terreno vendutogli dal comune, incluse erroneamente nella sua proprietà metri quadri 302 di terreno a vece di metri 173 che gli erano stati ceduti. Che tale inconveniente, ignorato allora dall'ingegnere comunale fece si che si dovesse limitare la grandezza del fabbricato scolastico all'area comunale esistente sulla piazza di Poggivecchi tra la casa Barsotti – Padovani ed il muro di cinta Angelucci come sopra costruito sulla proprietà comunale. Questa rettifica dei confini portava all'allargamento dei locali da adibirsi a scuola pubblica, che in futuro, nei primi anni del XX° secolo divenne il Palazzo Comunale. Il progetto per il nuovo edificio scolastico fu presentato nel 1933, da realizzarsi nel piazzale prospiciente la via della chiesa.
torna su